mercoledì 27 febbraio 2013

L'Eremo di San Michele a Bominaco

Le valli sotto Bominaco si sezionavano geometricamente grazie alle diverse coltivazioni, ma mano a mano che giungeva il tramonto i colori  tendevano ad omogeneizzarsi nell’ombra, sfumando tutto con la stessa tonalità. Il versante Nord del Sirentesi vestiva di leggerezza, la neve addossata ai suoi canali lo schiariva ulteriormente mettendolo ancora più in relazione con la volta del cielo. Tutta quella meraviglia si vestiva del sacro: come sempre riscontravo che i Santi sceglievano con cura i luoghi in cuidimorare. Poco fuori il paese un sentiero conduceva all’Eremo di San Michele, contornato da roverelle e fitti cespugli di ginepro. Alcuni cinghiali, giunti con il calare della sera, fuggivano disturbati dalla nostra presenza, eravamo come degli intrusi inquel luogo di pace, dove qualsiasi intervento umano si accostava talmente bene alla natura da farne parte. L’eremo era un santuario rupestre collocato in una grotta, adattata ad accogliere l’uomo, ma nonostante questo mantenuta ancora nella suaoriginaria struttura. Il piccolo luogo di culto dipendeva certamente dal vicino complesso monastico di Santa Maria Assunta. La tradizione narra che nella grotta visse per molti anni, alla fine del XI secolo, San Tussio, un monaco eremitanativo di Bagno, paese vicino L’Aquila. Particolarmente suggestivo è l’accesso al luogo di culto poiché nella penombra dell’ambiente risalta la pietra dorata dell’altare, illuminato dall’alto da un grosso finestrone naturale. Poco oltre l’altare èposto l’elemento più interessante del Santuario rupestre: una colonna liscia sulla quale è poggiata una lastra quadrata che reca un’epigrafe sulla faccia superiore. Nel testo figura una Domizia, moglie di Domiziano, che compare anche in un’altraepigrafe rinvenuta nella zona. Numerose vaschette sono presenti all’interno con lo scopo di raccogliere l’acqua di stillicidio ed altre sono incavate in corrispondenza dell’ingresso, dove si trovano i resti di alcune cellette dove secondo la tradizionelocale vivevano gli eremiti che accudivano il Santuario. Nella ricorrenza dell’8 maggio si celebra la messa nella parrocchiale di Santa Maria Assunta e poi ci si reca in processione al Santuario. La statua dell’Angelo viene preceduta dalla banda e da due altistendardi. Dopo una breve funzione celebrata all’interno della grotta la processione riprende la via del ritorno, salutata dallo “sparo”. Anche in questo Santuario rupestre i fedeli vedono nelle forme della roccia il passaggio del Santo, che vi ha lasciatole proprie impronte: in questo caso addirittura sulla volta, sopra l’ingresso. (Il testo riportato in corsivo è citato dal libro “Eremi d’Abruzzo – Guida ai luoghi di culto rupestri” Carsa Edizioni).

I salti superiori delle Cascate di Stiffe

La Media Valle dell’Aterno si impreziosiva di piccoli borghi lungo il corso del fiume, distanziati tra loro da immense distese di prati. Tra questi il paese di Stiffe si distingueva per la forra che losovrastava: così contornato di natura selvaggia si metteva in contrasto con l’ordine rigoroso della pietra che lo componeva, con i suoi vicoli che in un breve dipanamento stringevano a sétutte le case. Quelle pietre composte dall’uomo lasciavano scaturire dimensioni remote, il passato rimaneva sospeso e si poteva fruire anche solo camminando tra i vicoli stretti delpiccolo paese. Qualcuno era rimasto ad abitarlo, ma l’unica presenza che incontravamo per strada era quella silenziosa dei gatti. Le pietre d’Abruzzo erano così serene, assorbivano la lucedel sole e rilasciavano in quiete quella energia. Un sentiero partiva dalla parte sommitale del paese e conduceva ai ruderi del castello e ai salti superiori della cascata di Stiffe. Questo tragittoun tempo era attrezzato con staccionate di legno e tabelle informative, ma l’incuria degli ultimi anni ne aveva portato il disfacimento: la natura si era ripreso tutto, ed il percorso sismarriva spesso nella vegetazione. Il rumore dell’acqua prendeva forza in quell’enorme cassa di risonanza, mano a mano che il sentiero saliva a mezza costa della montagna si scorgeva dall’altoil letto del fiume e il corso che faceva. La finale sommitale raggiungibile a piedi sprigionava un’energia incredibile: l’acqua riversava tutta la sua potenza, coprendo con il suo vigorequalsiasi altro suono. Una piccola cavità nascondeva al suo interno un passaggio prezioso attraverso cui guardare quello spettacolo della natura, mi sentivo davvero fortunata a poter ammirare tanta bellezza.

domenica 24 febbraio 2013

Il Castello di Cesura da Casaline

Il cielo si caricava delle scure tonalità del maltempo, rilasciando neve ed altre precipitazioni a seconda dell’altitudine. Un sentieroanonimo partiva da Casaline e raggiungeva il rilievo di Colle Marco: i resti dell’antico castello riportato sulle carte militari siscorgevano di tanto in tanto nella neve, dando l’intuizione dell’antico perimetro delle sue mura. Il Castello di Cesura,secondo alcuni documenti, attestava la sua origine nel XII secolo e la sua distruzione al XIV, contribuì alla formazione della cittàdell’Aquila, e vide il suo spopolamento a favore di quest’ultima. I ruderi di quella antica costruzione rimanevano da sempre nelsentimento degli abitanti di Casaline, tanto che nonostante il passare dei secoli continuavano ancora a chiamare quella piccolamontagna col nome di castégliu. Dall’alto lo sguardo si accostava ad altri rilievi modesti, aprendosi sui sottostanti prati di Foce, edaffiancandosi lateralmente a Monte Rua, mentre ulteriori lontananze erano oscurate dalla foschia delle precipitazioni.Alcuni cavalli poco distanti si spostavano lentamente in gruppo, non curanti del maltempo: il vento cominciava a soffiare conviolenza, trasformando quelle piccole cime in trampolini per la neve spazzata.

domenica 17 febbraio 2013

Scanno e il Vallone del Carapale

Quello che mi piaceva dei vicoli di Scanno erano i giochi di luce della neve, che, in contrasto con i toni d’ombra delle vecchie mura, mostrava tutta la sua parte più innocente. Le vie siincrociavano tra di loro in un fitto canale di passaggi pedonali, si passava affianco ad antiche chiese e palazzi nobiliari, volti ad abbellire un già suggestivo centro storico. Tanti archi passavanosui vicoli e tenevano congiunte abitazioni diverse, guardavo la neve scendere da sotto di essi, e rimanevo in silenzio ad ammirare quella leggera danza che cumulava in luce. Tutta la gente delposto era al caldo nelle loro case, solo di tanto in tanto si vedeva qualcuno passare, ma era così veloce da sembrare un’apparizione. Eravamo saliti lungo il Vallone del Carapale,agevolati dalla seggiovia che partiva dal paese. Le piante si caricavano di neve e tutto si sotterrava nel bianco, persino il piccolo rifugio che prende il nome dal vallone si distingueva astento così mimetizzato. Le nuvole chiudevano la testa della Terratta, serrando sempre di più qualsiasi visuale sommitale, mano a mano scendeva la nebbia impreziosita dai fiocchi di neve,nulla poteva essere più rassicurante delle piste battute sottostanti.