sabato 27 luglio 2013

Una notte a Monte San Franco

La sera lasciava scivolare sulle montagne i colori del tramonto, come se un’energia particolare cercasse di concentrarsi il piùpossibile sull’intensità dei toni, di trattenere ancora la bellezza di una calda giornata d’estate, prima di lasciarli andare. Il Lago diCampotosto si stendeva sotto le tonalità dell’indaco, viveva del flebile riflesso della volta rischiarata del cielo, come se la nottedesse ancora per un attimo il consenso a distinguere le forme del creato. Adattavamo i nostri occhi al buio, ascoltavamo il boscotanto da farne parte. Attorno al fuoco avevamo concentrato il nostro spazio, lo alimentavamo come se fosse una presenza.Alcuni escursionisti percorrevano di notte la Valle del Paradiso, una fila di piccole luci scendeva in direzione del Chiarino, mentrele loro voci si mischiavano alla materia della notte. L’indomani l’alba rivelava nuovamente la bellezza, la luce rada del solevestiva d’oro i filamenti d’erba, tanto da renderli ancora più preziosi. Monte San Franco lasciava ammirare le sue fiorituretardive, fin sotto alla valle dell’Inferno. Alcune rocce si ponevano verticalmente, uscendo dal terreno come l’ossatura dellamontagna. All’interno di quei vecchi circhi glaciali il caldo si concentrava con forza, tornavamo così di nuovo nel bosco, sempre pronto ad accoglierci e a darci riparo.

lunedì 22 luglio 2013

La Gola del Furlo

La gola del forulum degli antichi romani impreziosiva il tragitto dell’antica Flaminia. Il fiume Candigliano, ormai un placido lago artificiale, giaceva tra le moli maestose dei monti Pietralata e Paganuccio, come a voler essere una tregua pacata tra quellelame affilate. La sera segnava mano a mano il contrasto delle ombre, distinguendo su quelle pareti definiti campi di luminosità, chissà quanti viandanti nel corso dei secoli ne avevano ammirato la bellezza, oppure sentito l’inquietudine al cospetto di quellosquarcio di montagna. Prima dei romani anche gli etruschi vi scavarono una galleria, ma più piccola e corta, in grado di permettere soltanto il passaggio di un carro, mentre quella operata sotto l’imperatore Vespasiano, fra il 76 e il 77 d.C.,forava per ben 38 metri la montagna. La zona risultava frequentata anche nella preistoria: alcuni rinvenimenti risalenti tra il 1500 e il 1300 a. C. indicavano che già nel periodo del Bronzo Medio l’essere umano si era stabilito nelle cavità naturalidella gola, così come ci testimoniano i rinvenimenti presso la Grotta del Grano, attualmente conservati presso il Museo Fiorentino di Preistoria. Il Furlo è stato protagonista di tante vicende storiche. Nei tempi più remoti il suo nome era SaxaIntercisa ovvero Pietra Spaccata o anche Sasso Rotto, in seguito prese la denominazione di Pietra Forata. Il nome Furlo proviene da Forulum (Piccolo Foro), volgarizzato poi in Forlo quindi Furlo. La conquista del Furlo da parte dei Romani avvenne senzadifficoltà nel 295 a.C., dopo aver sbaragliato la confederazione italica a Sentino (Sassoferrato). La zona poi fu sede di battaglie tra Goti e Bizantini, che a turno la conquistarono e dominarono. Nel 1234, con la conquista di Urbino da parte di Buonconte daMontefeltro, il Furlo entrò a far parte del territorio dei Montefeltro e nel 1631, insieme al Ducato di Urbino, fu incorporato nello Stato Pontificio. Il 17 settembre 1860 il Furlo passò ai Savoia e il 17 marzo 1861 entrò a far parte del Regnod’Italia. Durante la Prima Guerra Mondiale il Passo del Furlo fu utilizzato per il collegamento tra Roma e il fronte. Dal 1922 vi transitò Mussolini le cui soste lo portarono a contatto con l’albergatore Candiracci. Nel 1936 la Milizia Forestale  volleimmortalare l’immagine del Duce realizzando il famoso profilo sulla montagna. Negli anni ottanta sono state costruite due nuove gallerie di 3391 m che da allora assorbono il traffico della Flaminia, restituendo la Gola alla gioia dei suoi estimatori.(Informazioni tratte da un opuscolo informativo della Riserva Naturale Statale Gola del Furlo).

domenica 14 luglio 2013

Anxa - Lucus Angitiae

Immaginavo la maestosità del portale del tempio, con dinanzi un piccolo molo d’attracco per le imbarcazioni che navigavano nel Fucino. Immaginavo la nebbia da umidificazione propria dei laghiin quota, ed i colori cerulei delle prime ore del mattino. Il freddo dell’ombra si ammorbidiva soltanto con la fiamma delle lucerne, mentre alcune vestali accoglievano i naviganti adornate con ifregi della dea Angitia.  Quella divinità era manipolatrice di serpenti e di veleni, il suo culto si perdeva nei secoli, legandosi ai cicli solari e all’immaginario del mondo dei defunti, rimanendoper eccellenza la venerazione eletta del popolo dei Marsi. Gli scavi archeologici risalivano al IV secolo a.C., ricostruendo mano a mano l’idea di quello che un tempo era uno dei centri diaggregazione più importanti del territorio, dove la vita degli antenati viveva il massimo dello splendore e tutto pareva custodire quella condizione eterna. La memoria correva tra lepietre, mormorandone la storia e l’abbandono, rimanevano i maestosi basamenti, mentre tutto il resto si perdeva nell’immaginazione. (Le foto inserite sono state scattate in precedenza).


sabato 13 luglio 2013

Traversata da Pizzo Cefalone a Pizzo Camarda

Il versante Occidentale del Gran Sasso si lasciava lambire dalla luce del mattino, l’erba in quota ancora non si seccava sotto leintenzioni dell’estate, ma appariva ancora viva e brillante, degna della stagione precedente. Seguivamo i sentieri marcati di PizzoCefalone godendo soltanto della presenza dei camosci appenninici, che, nonostante distanti da noi, ci concedevano ilprivilegio di essere osservati. I versanti a Nord trattenevano ancora diverse lingue di neve, scivolavano dentro Campo Pericolie il Venacquaro, impreziosendo i ghiaioni della loro candida apparenza. Non toccavamo nessuna croce portando rispetto allamontagna, l’aria tendeva a caricarsi sotto le instabilità svaporando la parte sommitale in tratti di nuvole.  Di seguito allaCima del Papa si apriva il lungo cammino delle Malecoste, altri camosci e miliardi di fioriture raffinavano quella visione caldoumida ricca di profumi. Scendevamo poco oltre Pizzo Camarda, i piccoli laghetti in quota vivevano lo stazzo delle bestie: cavalli emucche appagavano con quiete le loro ore, in uno degli angoli più belli del Gran Sasso.

lunedì 8 luglio 2013

Narni sotterranea

La cella carceraria della sala dei tormenti si incideva della memoria delle afflizioni, annullava il distacco temporale attraverso i suoi graffiti, come se quei solchi fossero la voce ditutto lo spazio. Venivamo avvolti dalla mancata scansione delle ore, da orologi senza tempo e calcoli di lune, tramite la raffinata espressione dei simboli massonici. La cabala e l’alchimiaapparivano attraverso la simbologia di colombe legate, di uomini scarnificati e simboli mariani: quella detenzione continuava a rivendicare la sua innocenza nonostante il silenzio assopito neisecoli. Oltre la soglia d’ingresso un’ipotetica sala di tortura trovava conferma nei documenti della chiesa, lì vi erano stati processati gli eretici per mano dell’Inquisizione romana, construmenti di martirio molto lontani dal messaggio di Cristo. Poco oltre trovavamo anche i resti di un’antica chiesa del XII secolo legata al culto di San Michele Arcangelo: anch’essa tratteneva lapropria memoria, come se il fatto di essere sotto terra fosse una valida condizione per mantenere inalterata pure la propria energia. Al di sotto dei sigilli giacevano le maledizioni, intere vitesi erano perdute in quelle sale, tornate alla luce anche grazie alla riconsacrazione avvenuta nel 2000. Narni sotterranea si lasciava scoprire grazie alla dedizione dei suoi custodi, disposti a guidarcicon interesse nel sottosuolo della città, alla riscoperta di acquedotti, cisterne, cripte, cunicoli e celle, in luoghi dove il tempo sembrava essersi fermato. Per informazioni:www.narnisotterranea.it . (Le foto inserite sono state reperite da internet e rielaborate in adattamento, pubblicate per gentile concessione dall'Associazione Culturale Subterranea).

domenica 7 luglio 2013

Le Lame Rosse e il Lago di Fiastra

Il Lago di Fiastra si caratterizzava grazie all’azzurro intenso delle sue acque profonde, limpide, e non inquinate. Quel vasto bacinoartificiale era stato costruito negli anni Cinquanta con lo scopo di fornire energia elettrica: lo sbarramento aveva chiuso gran partedella gola del Fiume Fiastrone, riuscendo a limitare un volume d’acqua di 0,204 km cubi, con una profondità di quasi 90 metri. Ilversante a sinistra della diga al cospetto del Monte Fiegni si affacciava in maniera strapiombante sul lago, lì un bellissimopercorso si immergeva nell’ombra di una foresta di lecci, in direzione delle Lame Rosse. La straordinaria bellezza e lasingolarità di questi conglomerati erosi rendevano quella visione unica nel loro genere, tanto che le avevano addirittura proposte atutela dell’Unesco, da farle riconoscere come Patrimonio dell’Umanità. Tra guglie e vele di terra percepivamo la veloceazione della natura: se rimanevamo in silenzio ne percepivamo il movimento, attraverso lo sgretolamento della sabbia chescivolava giù dai ripidi pinnacoli. Sotto le tonalità dell’ocra quelle cuspidi erano flessibili ai riflessi del sole, tanto da essere in gradodi bruciare nelle ore dell’alba e del tramonto, e proprio da questo ne derivava il nome tanto suggestivo.